Conflitto sviluppatosi in Spagna, dal
luglio 1936 all'aprile 1939, tra i sostenitori del Governo legittimo delle
sinistre e le forze rivoltose del centro-destra.
• Encicl. - Dopo
due anni di Governo del centro-destra (noti come
bienio negro,
1934-35), le elezioni del febbraio 1936 diedero la vittoria alla coalizione
di sinistra. Il programma delle sinistre prevedeva: l'applicazione delle riforme
sociali, l'amnistia per i detenuti politici incarcerati dopo l'insurrezione
armata del 1934 (che era diretta contro i provvedimenti autoritari del regime),
il ripristino dell'autonomia amministrativa catalana. All'euforia dei
sostenitori del nuovo Governo (guidato da S. Casares Quiroga, mentre il suo
predecessore M. Azaña veniva eletto presidente della Repubblica) faceva
però da sfondo un clima di tensione nella società civile,
profondamente divisa e quasi ingovernabile. Le prime occupazioni di terre, in
particolare nei latifondi meridionali, e i grandi scioperi operai acuirono
l'inquietudine della borghesia, dei proprietari terrieri e dei militari, che
presto cominciarono a organizzarsi in vista di un sollevamento militare. In
molte località del Paese scoppiarono disordini tra gruppi socialisti,
comunisti e anarcosindacalisti e forze della Falange spagnola, una formazione
paramilitare di tipo fascista, mentre si estendeva una grave crisi economica,
caratterizzata da inflazione, disoccupazione e fuga di capitali. Il pretesto
alla sollevazione reazionaria venne fornito dall'assassinio di un deputato della
destra, J. Calvo Sotelo, ma il progetto di un pronunciamento militare era
vecchio di mesi: il 17 luglio 1936, in Marocco, l'esercito prese le armi ma la
rivolta stentò a espandersi in Spagna. Numerosi reparti delle truppe
regolari e l'intera Guardia Civil, infatti, si mantennero fedeli al Governo,
sostenuti dalle organizzazioni di sinistra e dalle organizzazioni spontanee del
movimento popolare. Benché l'inferiorità militare della Repubblica
fosse evidente, il primo ministro Casares Quiroga rifiutò di distribuire
armi alla popolazione e alle organizzazioni sindacali e delle sinistre: il 18
luglio il presidente Azaña lo sfiduciò e il 19 luglio J. Giral
costituì un nuovo Esecutivo, appoggiato dalla sola sinistra repubblicana.
L'esercito, considerato in gran parte filoribelle, venne sciolto e le armi
distribuite ai partiti di sinistra e ai sindacati. Alla fine del mese i
rivoltosi, detti anche “nazionali”, controllavano il Marocco, le
Canarie, le Baleari, la Castiglia Vecchia, la Navarra, parte dell'Aragona e
dell'Andalusia, ma dovevano riconoscere il fallimento di un rapido e decisivo
pronunciamento militare. Infatti i governativi, detti anche
“repubblicani”, mantenevano piena sovranità sulla regione di
Madrid, sulla Catalogna e Barcellona, sul Levante, sulle Province Basche, su
parte di Aragona, Asturie e Andalusia, benché i confini non fossero netti
ma fluttuanti e malsicuri. I territori erano diversamente governati: i nazionali
imposero in genere un regime castrense, ripartito in zone militari dove gli
ufficiali dell'esercito svolgevano anche il ruolo di quadri amministrativi e di
funzionari di polizia, relegando ai margini i rappresentanti civili della base
sociale reazionaria che sosteneva la rivolta militare. La parte repubblicana,
invece, vide l'espandersi di esperimenti rivoluzionari radicali, forme di
occupazione e autogestione da parte di comitati di fabbrica e contadini, ecc.:
ciò comportò una rapida disgregazione delle strutture economiche e
sociali, a causa dell'eccessivo frazionamento della gestione politico-economica.
Il Governo di Giral, infatti, riusciva a esercitare la sua direzione solo nella
zona di Madrid; i partiti, i sindacati e i comitati spontanei detenevano il
potere locale, senza coordinamento reciproco, e organizzavano colonne di
miliziani volontari, altrettanto frazionate che, prive di comando unificato,
cercavano di riconquistare città e centri in mano ai ribelli. L'economia
era gravemente compromessa: proprietari e imprenditori avevano lasciato il
Paese, come la maggior parte del capitale sia interno sia straniero. Le
infrastrutture e le attività produttive presenti in territorio
repubblicano furono o nazionalizzate o sottoposte al controllo e
all'autogestione dei comitati. Sindacati come la socialista UGT (Unión
General de Trabajadores) divennero i principali gestori dell'economia
centralizzata, in competizione con i gruppi promotori delle autogestioni, come
l'anarchica CNT (Confederatión Nacional del Trabajo), fautrice di una
società priva di organizzazioni centrali e autoritarie, sia in campo
economico sia militare. Nell'agosto 1936, la zona repubblicana era divisa
secondo una molteplicità di poteri poco coordinati e privi di una fattiva
direzione generale: a Madrid operava il Governo, teso a ristabilire la
legislazione repubblicana e democratica; in Catalogna e a Barcellona l'Esecutivo
autonomo catalano appariva di fatto indipendente da Madrid ed era in larga parte
sostenuto da forze anarcosindacaliste interessate a proseguire negli esperimenti
rivoluzionari di autogestione economica e di volontariato militare; le Asturie
erano divise tra numerosi comitati che agivano separatamente e nelle Province
Basche la forza preponderante era quella cattolico-separatista, in lotta contro
il centralismo fascista e militare, ma rispettosa della proprietà
privata. Per contro, i rivoltosi erano divisi in tre nuclei territoriali: il
Marocco, con le truppe del generale F. Franco Bahamonde; la regione di Siviglia,
occupata dal generale G. Queipo de Llano; Navarra e Castiglia Vecchia,
controllate da E. Mola. In breve, però, il conflitto da civile che era si
internazionalizzò: Italia e Germania, ideologicamente vicine ai
rivoltosi, inviarono armi, materiale bellico, aerei e consiglieri militari
(l'Italia anche truppe addestrate e armate) determinando così una netta
superiorità militare dei nazionali. Le democrazie europee, al contrario,
annunciarono una politica di non intervento, che finì per favorire i
ribelli e impedire al Governo di acquistare all'estero armi e vettovaglie: si
fece gravissima la carenza di equipaggiamenti, presidi sanitari e beni di prima
necessità. Grazie all'aviazione, Franco trasportò le sue truppe in
Andalusia e cominciò ad avanzare verso Madrid. I repubblicani, sotto
pressione, non riuscivano ad assumere una linea coerente di condotta, divisi da
differenti opinioni sia in campo militare sia ideologico: optare per un comando
e un fronte unificato o per l'autonomia delle colonne di miliziani? Conservare
la molteplicità di iniziativa dei comitati industriali di autogestione o
introdurre una rigida pianificazione centralizzata della produzione industriale,
varando un'industria di guerra statalizzata? L'avanzata di Franco provocò
una crisi di Governo: Giral fu sostituito nel settembre 1936 dal socialista F.
Largo Caballero, che allargò la base dell'Esecutivo a tutte le forze
antifasciste, appoggiandosi così a repubblicani, socialisti, comunisti,
indipendentisti baschi e catalani. Il maggiore consenso non dotò il
Governo di maggiore chiarezza di vedute e di obiettivi: il PCE (Partito
comunista), ad esempio, insieme alla sinistra repubblicana e ai socialisti,
considerava lo scontro militare in corso come una guerra di liberazione, da
combattere unificando le milizie in un esercito regolare sottoposto a un unico
comando. Per il PCE la conduzione delle guerra era dunque prioritaria rispetto
agli esperimenti rivoluzionari di collettivizzazione e autogestione, mentre era
di parere opposto il POUM (Partido Obrero de Unificación Marxista).
Secondo questa formazione di estrema sinistra, la rivoluzione doveva essere
spinta fino alle sue estreme conseguenze, sciogliendo ogni istituzione borghese,
compreso il Parlamento, e sostituendola con assemblee autonome e locali di
delegati operai e contadini. Su posizioni simili erano le organizzazioni
anarcosindacali come la CNT: tuttavia, con l'aggravarsi della situazione
bellica, anche i gruppi anarchici più convinti compresero la
necessità di scendere a compromessi nel senso di un coordinamento delle
risorse economiche e militari. Una prima proposta di organizzazione dello Stato
in senso federale non fu accolta dal Governo centrale, ciò nonostante i
gruppi facenti capo alla CNT decisero di aderire al Governo Caballero, per non
rimanere isolati dalle altre forze antifasciste. La Repubblica spagnola pur se
più coesa al suo interno non ottenne sufficiente aiuto dall'esterno:
poiché l'Unione Sovietica aveva inviato armi, vettovaglie e consiglieri
militari, le democrazie occidentali temevano i possibili sviluppi in senso
comunista della rivoluzione spagnola. L'unico e concreto sostegno fu quello dei
volontari delle brigate internazionali (provenienti dall'Italia, dalla Francia,
dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti), che nel novembre 1936 giunsero sul
fronte madrileno, riuscendo a bloccare l'avanzata delle truppe di Franco. La
battaglia intorno alla capitale si protrasse fino al marzo 1937, quando le
brigate internazionali, le milizie e l'esercito repubblicano sconfissero
congiuntamente a Guadalajara i nazionalisti: anche questi ultimi avevano
unificato i propri comandi e una giunta militare con sede provvisoria a Burgos
aveva designato come proprio presidente il generale Franco. Questi decise di
ripiegare verso Sud conquistando Malaga; da Nord, quasi contemporaneamente,
partirono gli attacchi verso le Asturie e le Province Basche. Mentre i
nazionalisti si strutturavano politicamente nel Movimiento Nacional, che
appiattiva ogni identità (falangisti, monarchici, carlisti, cattolici di
destra, ecc.) nella rigida subordinazione alle autorità militari, il
Governo di Caballero vedeva acuirsi nuovamente lo scontro tra la sua anima
anarcoide e antistatalista e la sua componente comunista e socialista (che aveva
come modello il centralismo economico e politico in atto in Unione Sovietica).
Il dissenso ideologico arrivò a generare anche dei tumulti, esplosi nel
maggio 1937 a Barcellona; quando l'esercito regolare repubblicano cercò
di prendere possesso delle sedi di importanti organismi pubblici fino ad allora
controllati dai locali comitati di anarchici e sindacalisti, questi ultimi
resistettero in armi. Benché le truppe governative avessero poi la
meglio, l'Esecutivo di Caballero venne sfiduciato e sostituito da una compagine
di repubblicani socialisti e comunisti, guidati dal moderato J. Négrin.
Il nuovo Governo intraprese con successo tardivo un'opera di riordino
dell'economia e dell'amministrazione, affermando l'autorità centrale
dello Stato repubblicano; furono soppressi i poteri locali e statalizzate le
collettivizzazioni di fabbriche e latifondi. Non mancarono episodi di
persecuzione e rappresaglia ai danni di anarchici e sindacalisti autonomi e di
marginalizzazione delle sinistre più estreme. La divisone politica del
fronte repubblicano non giovò alla conduzione della guerra: a Nord,
Bilbao, sede del Governo autonomo basco, cadde nelle mani di Franco il 18 giugno
1937 e tutta la regione fu conquistata entro l'estate. Il contrattacco
repubblicano fu lanciato solo a dicembre, con epicentro a Teruel: la lotta si
protrasse fino al febbraio 1938, ma alla fine furono i nazionalisti a penetrare
nella valle dell'Ebro, separando la regione madrilena dalla Catalogna. Il
Governo infatti, pur avendo unificato i comandi dell'esercito, non era riuscito
a colmare le carenze di quadri militari preparati ed efficienti e, soprattutto,
l'estrema penuria di armamenti e vettovaglie, fatti che influivano negativamente
sul corso dei combattimenti. La grave svalutazione monetaria che si
verificò in aprile provocò l'ennesima crisi politica: si
costituì un secondo Governo di unità nazionale (cui
partecipò nuovamente la CNT) sulla base di un programma che esplicitava
finalmente la prospettiva politica delle forze repubblicane. Noto come
Programma dei tredici punti, affermava, tra l'altro, la volontà di
liberare la Spagna, istituire una Repubblica democratica con poteri centrali
rispettosi però delle autonomie regionali, varare una riforma agraria e
una legislazione sociale avanzata, garantendo la proprietà privata
legittimamente acquisita (purché non varcasse i limiti di un'eccessiva
accumulazione). Importante sul fronte interno, la chiarificazione politica non
sortì effetto alcuno su quello esterno, dal momento che non furono
inviati aiuti da parte dei Paesi occidentali, assorbiti dalla crisi provocata da
Hitler prima con l'
Anschluss poi con l'annessione dei Sudeti. Nel luglio
1938 i repubblicani intrapresero l'ultima offensiva: la sanguinosa battaglia
dell'Ebro durò fino a novembre, quando i governativi dovettero ritirarsi,
permettendo la conquista della Catalogna, occupata da Franco nel gennaio 1939.
Il Governo Négrin, che propugnava e organizzava la resistenza a oltranza
nella regione centrale madrilena, fu esautorato da una giunta militare
intenzionata a trattare una resa onorevole con i franchisti. Questi ultimi
approfittarono della situazione entrando a Madrid il 29 marzo 1939. Il 1°
aprile Franco dichiarò la fine della guerra, primo atto del regime
franchista (V. anche
SPAGNA).